

Flower of existence
Look at the limpidity in the depth of the sea to blend with the heart of my soul, where the angels of the night help me to understand the meaning of all.
FLOWER OF EXISTENCE
Look at the limpidity
in the depth of the sea
to blend with the heart of my soul
where the angels of the night help me
to understand the meaning of all
Look at the rocket in the infinite sky
Lies down on the crumbling planet
Where the light touch my eye
Attract me toward the source of a magnet.
Look at the forest fight for her trees
And look in the meadow the manycoloured butterflies
Play with the light silver breeze
They fall asleep between sweet lullabies
Heard the echoes of my heart-beat
Cover all the sounds of the universe
While your scissors perform a right fit
Uproot me the flower of existence.
Non cercherò più di non pensarti
Non cercherò più di non pensarti
Oh imperturbabile cielo terso,
tu che illumini il mondo entro il mio raggio.
Anch'io, vagabonda nuvola di passaggio,
che nulla posso lasciarti oltre il mio verso.
E' come il vento che mi porta via,
quel tuo ricordo che mi tiene in balìa.
Non cercherò più di non pensarti
Oh impenetrabile terra feconda,
tu che nutri ogni sentimento.
Anch'io, flebile lamento,
la cui eco fugge sull'onda.
E' come il fuoco che mi brucia dentro,
quel tuo rifiuto che mi spinse ad un'altra sponda.
Non cercherò più di non pensarti
Oh imperscrutabile sfinge..
Perché così...è ancora pensarti!
Naufraghi di un' illusione
Pennellate a sangue
dipinte sotto le dita
Catturano lo sguardo delle cose
Che sono fiori.. sono rose
E sono chiodi.. sono erose.
Si domanda cos'è la vita
Un pensiero che langue
Dentro se stesso
E' il nero della notte
Quel velo oscuro che ispira la musa
Del paesaggio le sue rotte;
e adesso...
si riapre una persiana socchiusa.
Come macchie di leopardo
Battelli che son persone
Per un niente vanno all'azzardo
Cercando il sicuro approdo.
Oggetti abbandonati,
persone che trovi ovunque vai
con un filo di speranza tra le braccia.
Di quell'approdo.. non v'è traccia.
Non è che moriremo presto
Non siamo nati (L)... mai!
La nostra pagina facebook è un po' come un diario di bordo della navigazione che compiamo assieme agli altri cybernauti, condividendone le riflessioni. Un diario che riempiamo con i contenuti più disparati. Solitamente non scriviamo in prima persona ma utilizziamo frasi, foto, video di altri cybernauti esterni alla nostra navigazione e che vengono trasmessi proprio con la finalità della diffusione e della condivisione all'interno delle navigazioni. Navigazioni che si incontrano con altre navigazioni che a loro volta si incontrano con altre navigazioni ancora e così via all'infinito. Ogni nuovo amico f.b. è un nuovo navigante che si porta appresso un'intera navigazione di tanti altri naviganti con i quali possiamo intavolare ulteriori nuove navigazioni. E' un intreccio reticolato che è appunto il web dove tutti siamo coinvolti sia passivamente sia attivamente nel processo di trasmissione delle informazioni. Non tutti e non sempre condividiamo post di altri; in altre occasioni postiamo cose che ci riguardano o attraverso il racconto o attraverso foto e video che raccontano qualcosa di noi, delle cose che facciamo, che vediamo, dei nostri oggetti quotidiani, dei nostri vicini, dei nostri animali. Spesso mettiamo foto dei nostri viaggi e molto spesso in tempo reale, come se volessimo far partecipi gli altri (significativi e meno) del nostro stesso viaggio, della nostra stessa emozione. O forse, motivo ancor più basilare è il restare in contatto con chi conosciamo e che ci conosce, quando siamo in un posto dove non ci conoscono e a nostra volta non conosciamo.
Forse è proprio questo tipo di contenuti che più degli altri ci permette di comprendere le reali finalità della pagina facebook e della rete dei social in generale. Il nostro spazio interno (psicologico) il Sé (autocoscienza) è formato dalla diade Io-Mondo noto. Quando queste due parti, per una serie di mutazioni nelle dinamiche sociali, tendono ad allontanarsi e la relazione a disgregarsi, aumenta la necessità di riallacciare questa relazione al fine di mantenere integra l'unità del Sé. Quando il processo storico porta alla parcellizzazione di tanti Io individuali atomizzati e slegati gli uni dagli altri nella loro autopercezione, il proprio sé, la capacità di sentire se stessi, viene meno. Di fronte a questo indebolimento dell'identità, la pagina facebook diventa il tentativo improbabile ma necessario ed inevitabile di riallacciare il legame perso, di farci riconoscere da ciò che ci era noto e che ora sembra scomparire al nostro orizzonte: quell'altro che solo ci può ridare la sicurezza di esistere come individui, parte di un gruppo, che è l'unica maniera per non cadere nella solitudine dei nostri sogni. Se il filosofo della scuola di Francoforte Marcuse tornasse a vivere oggi, a 60 anni di distanza, non esiterebbe a sostituire quel juke-box in ogni bar e quella radio su ogni spiaggia, con lo smartphone in ogni mano, come strumento vitale che ci tiene legati al mondo.
Qualcosa è cambiato nel nostro rapporto con il tempo. Passato e futuro hanno perso lentamente e progressivamente il loro significato nel nostro profondo intimo, mentre è cresciuta l'importanza della categoria del presente. Un presente invadente che aspira all'autosufficienza, all'autonomia da ciò da cui proviene e da ciò verso il quale è proiettato. E' il concetto stesso di storia che è mutato. L'uomo osservava il tempo partendo dal lato del passato in modo che potesse dargli istruzioni, esempi, lezioni per leggere la realtà : la storia era l'inventario di questi esempi e il racconto di queste lezioni. Nel mondo moderno futurista, si passò al contrario, a vedere la la storia dal lato del futuro ed era il futuro che dava senso sia al presente che al passato; era verso il futuro che bisognava andare il più velocemente possibile perché questo corrispondeva al progresso: è la visione teleologica della storia. Ma in un mondo globalizzato nei rapporti economici e sociali dove tutto si trasforma velocemente il passato perde inevitabilmente il suo valore conoscitivo e il futuro ammantato di paura della catastrofe non è più una promessa ma una minaccia. Dalle scorie nucleari al riscaldamento climatico, ci siamo infilati con le nostre azioni, in un processo irreversibile che ci intrappola. Allora ecco esplodere il presente, staccato dai padri e dai figli, il tempo della rivoluzione informatica, di internet, della globalizzazione e dei social, il tempo della crisi sistemica, cioè quella crisi perenne che fa da sfondo alle nostre relazioni e che ci fa vogliosi di sapere, senza imparare, perché il progresso tecnico ci fa credere che si possa sapere immediatamente, con un clic, senza dover imparare nulla, facendo economia dei tempi di apprendimento, poiché Google o Wikipedia hanno sempre una risposta immediata, costretti come Sisifo a spingere il masso

Il paese di Bardone
Durante l'adolescenza mi capitava talvolta nell'afosa estate padana di prendere la corriera che da Parma portava a Fornovo e da lì proseguire al cambio del mezzo, per il paese dei nonni materni. Dal paese della celebre battaglia, combattuta il 6 luglio 1495 tra l'esercito di Carlo VIII di Francia contro il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, inizia il tratto più faticoso: la strada s'inerpica sull'Appennino, fitto di boschi di querce, faggi e castagni. Dal finestrino del pullmann immaginavo il manto come poteva essere prima dell'invenzione e dell'uso del motore. Mi immaginavo a percorrerla a cavallo, insidiato da lupi e da briganti. Ma il cavallo era un lusso che pochi si potevano permettere; chi si metteva in cammino sul percorso della storica via Romea doveva calcolare il tempo necessario a raggiungere ogni sosta, per non essere colti dalle tenebre lontano dai centri abitati. Il tempo, non aveva modificato tanto il paesaggio; la strada per Bardone si snodava tra vallate quasi deserte, macchie di bosco e prati improvvisi. Il traffico era stato dirottato sulla statale della Cisa e ancor di più sull'Autostrada e ormai questo percorso ripido e tortuoso viveva soprattutto di ricordi.
A piedi percorrevo l'ultimo chilometro, il più irto ed impegnativo, su una strada ancora non asfaltata, percorsa soprattutto da carri, trattori e solo sporadicamente da qualche auto. All'entrata del paese sull'ultima curva, la casa del medico condotto, nel luogo dove, dicono le fonti, sorgeva anticamente uno xenodochio che dava ristoro ai pellegrini che si dirigevano verso Roma centro della cristianità. Poi il vecchio forno dove si faceva il pane per tutti, le aie popolate di attrezzi per la mietitura e il mosto, e finalmente, nella piazzetta, la casa dell' adorata nonna.
La televisione era già arrivata anche lì, ma si viveva ancora come cent'anni prima. I vecchi contadini lavoravano il campo, le donne lavavano i panni alla fontana; solo in estate arrivavano i nipoti, che portavano i rumori della città, fra le mucche e le galline.

Fughe nel passato-La nostra storia
Un essere umano non proviene dai genitori, ma arriva su questa terra tramite i genitori. La vita viene da molto lontano e noi non sappiamo che cos'è. Onorare il padre e la madre significa inchinarci non soltanto alla loro benedizione, ma a tutti coloro attraverso i quali quella benedizione è giunta sino a loro, inserendoci nel flusso della corrente della vita, nel fondo primordiale delle cose. Siamo gettati individualmente nell'esistenza non nel vuoto, ma in una famiglia, tramite i nostri genitori che hanno seguito lo stesso destino a loro volta gettati nel mondo da altri genitori.
Il nostro tempo, il tempo umano è il dispiegarsi di un Io e di un Noi, perché ogni individuo umano è un Io ed un Noi. Non sono un umano se non nella misura in cui appartengo ad un gruppo sociale, sincronicamente (nello stesso tempo) e diacronicamente (nel tempo diverso) benchè il tempo dell'Io non sia il tempo del Noi. Il tempo dell'Io si svolge nel tempo del Noi, il quale è condizionato dal tempo degli Io che lo compongono.
Aderire al destino della propria famiglia, farlo proprio, significa ricomporre questa separazione.
Chi prende la vita così è in sintonia con le sue origini e si trova religiosamente in accordo con il suo particolare destino.
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